Lo psicoterapeuta, base sicura per il paziente

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“Se un terapeuta non dà la possibilità

di sentire un certo grado di sicurezza,

la terapia non può neanche avere inizio”

(Bowlby,1988)

 

Il terapeuta rappresenta una base sicura per il paziente al fine di garantire le condizioni di sicurezza e accettazione non giudicante, in un contesto di sintonia ed empatia. Fornire aiuto e comprensione al paziente è la condizione preliminare per esplorare i suoi contenuti mentali.

Il paziente adulto arriva in psicoterapia con un bagaglio di sofferenza per cui chiede conforto e aiuto, non solo con la speranza di uscire dal suo stato di malessere, con aspettative e timori più o meno coscienti di rivivere esperienze dolorose, ma anche con una meta, un piano, un progetto relativo a ciò che vorrebbe conseguire grazie a tale incontro.

La relazione terapeutica diventa il contesto privilegiato dove poter esplorare i contenuti mentali, accedere a bisogni rimasti insoddisfatti, regolare l’emotività, accettare, acquisire consapevolezza dei propri meccanismi interni e di funzionamento e cambiare aspetti dolorosi e intollerabili del proprio vissuto.

In terapia, è il paziente a scegliere gli aspetti dolorosi su cui lavorare e diventa lui stesso l’attore del cambiamento. Il terapeuta attraverso la narrazione, gli episodi di vita del paziente, analizzerà i temi di pensiero ricorrenti, le emozioni e le sensazioni somatiche segnate da sofferenza, le aspettative che nutre nei confronti degli altri e di sé stesso al fine di prendere coscienza del modo in cui percepisce il mondo e interpreta la realtà. Il modo in cui diamo significato agli eventi che viviamo, il vissuto soggettivo della persona, le lenti che indossiamo per interpretare e conoscere il mondo, diventa il focus della terapia. Infatti ciascuno di noi si costruisce una rappresentazione di sé, frutto di interazioni ed eventi vissuti nell’infanzia e nell’adolescenza nelle relazioni con le figure di attaccamento, i genitori, e si consolida e si mantiene per tutta la vita. Si sviluppano convinzioni, credenze su sé stessi, sugli altri e sul mondo, frutto di un apprendimento passato e capace di orientare i comportamenti in futuro e influenzare le relazioni interpersonali. Sono proprio questi schemi di sé e dell’altro a essere causa di sofferenza emotiva. Molti possono sentirsi incapaci di stabilire delle relazioni sicure e si sentono non amati, esclusi, non accettati, isolati e sfiduciati. Altri possono sviluppare l’idea di sé come deboli, incapaci di agire in maniera autonoma senza l’aiuto e il supporto di qualcuno, possono avere un estremo bisogno di conferme, e rassicurazioni. Altre persone invece presentano una rappresentazione di sé come superiore agli altri, controllanti nelle relazioni, poco proni all’ascolto e al rispetto altrui. Pertanto, l’efficacia di una terapia è nella possibilità di sentire e agire in modo nuovo, costruire modi alternativi di comportarsi adatti alla vita attuale del paziente e creare le condizioni che possono facilitare il cambiamento. Ogni cambiamento passa attraverso l’accettazione di sé stessi e di come si è realmente. Infatti di pari passo al cambiamento, il paziente viene progressivamente spinto ad accettare quelle situazioni o vissuti di vita passata, che non possono essere modificati.

L’accettazione è la capacità dell’individuo di entrare in contatto, nel momento presente, di eventi interni e temuti, evitati per lungo tempo. L’accettazione dell’esperienza aiuta a prendere consapevolezza del proprio mondo interiore senza giudizi e senza valutazioni, guardando le cose così come sono.

Questo non significa assumere un atteggiamento passivo o di rinuncia ai propri principi e valori, ma rimanere ricettivi al proprio sentire, osservare il proprio mondo interiore. Solo con l’accettazione e la consapevolezza del momento presente, i pensieri e le etichette che ciascun individuo si dà, perdono il loro status di “fatti” e si riconoscono nel loro vero carattere transitorio. Il solo fatto di riconoscere i pensieri come tali, libera la persona da una narrazione distorta. Occorre trattare i pensieri semplicemente come pensieri, senza alcuna identificazione con essi. Solo così, i pensieri e le emozioni più dolorose, diventano meno minacciosi e riducono l’impatto che essi hanno sulla vita di una persona. Questo è il presupposto del cambiamento e di spinta verso l’azione.

Quando paziente e terapeuta si impegnano nell’azione, la relazione terapeutica è efficace, aperta, calda e supportiva.