Dittature Interiori

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Stare bene, stare nel bene è una nostra decisione? È una nostra scelta? E se sì, è possibile autorizzare se stessi/e alla pace e al bene-essere?

Questo è tempo di violenza e di guerre crudeli alle porte della nostra Europa, violenza, guerre crudeli tra esseri umani e dentro ognuno e ognuna. Tempo di ingiustizia, di intolleranza, di sofferenza diffuse su tutta la terra.
Più forte è il rumore della guerra e della violenza, più forte è, anche se silenzioso e inespresso, il desiderio di pace; più profonda è la coscienza del malessere e più profondo è il bisogno di bene e, quindi, più urgente la necessità del cambiamento.

Ma cambiare è possibile? Come avviene il cambiamento? Chi decide il cambiamento verso il bene-essere?

Le forze distruttive, totalitarie, dittatoriali per mantenere il potere hanno bisogno di nascondere agli esseri umani, e prima di tutto a se stesse, la capacità di essere felici insita in ogni persona e ogni comunità, la possibilità di guarire che è in ognuna/o, quelle forze hanno bisogno di tenere le persone nella paura, nell’ignoranza, nell’impotenza. Le persone consapevoli, felici e libere dalla paura non fanno le guerre. La violenza, dalla più piccola alla più grande, la violenza diretta verso se stessi, se stesse e verso il prossimo, qualsiasi violenza verbale e/o fisica è figlia della paura.
Se non abbiamo paura, se siamo nella tranquillità, se siamo in pace, non facciamo mai del male né a noi stesse/i, né alle altre persone, neanche agli animali e neppure all’ambiente. Se non abbiamo paura, siamo inondate/i dal rispetto e dalla gratitudine per ogni cosa dentro e intorno a noi, siamo grati e grate alla vita momento dopo momento e siamo immediatamente profondamente gentili con noi stesse/i e con il mondo. Gratitudine e gentilezza, compassione e conoscenza chiara di sé sono strade di felicità, di bene-essere.
Liberarsi dalla dittatura della sofferenza, della paura ha a che fare con il dentro, non con il fuori, ha a che fare con l’atteggiamento profondo che abbiamo verso noi stessi/e, ha a che fare con i modi abituali e più nascosti, più automatici e più inconsapevoli con i quali ci rapportiamo con noi stessi/e.
Possiamo intanto farci delle domande.

Che atteggiamento ho verso me stessa/o ora, in questo momento? Sto incontrando me stessa/o? Come mi sto incontrando? Sto rifiutando di incontrarmi davvero? Anche solo farsi queste domande, le domande giuste, avvicina la “soluzione”.

Per guardarci dentro appassionatamente e con rispetto, per studiarci con il cuore aperto e conoscerci profondamente è necessario lasciare andare il giudizio ed entrare nella “modalità comprensione”. Comprensione è “prendere con” e non ha niente a che vedere con qualsiasi forma di passiva autoindulgenza, è qualcosa di attivo, di intenzionale. E’ un atto di volontà.
Se dei paesi nemici non si incontrano mai, se non desiderano veramente conoscersi, pur desiderando la pace non potranno mai realizzarla pienamente. Se le genti israeliane e palestinesi non si incontrano davvero – incontrarsi significa conoscersi bene, rispettarsi significa soffermarsi, prendersi il tempo di conoscersi in agio – pur volendola fortemente non potranno costruire una pace reale. Potranno fare leggi, trattati, patti, ma non sarà vera pace.
Se guardo bene, vedo dentro di me la palestinese e l’israeliana, la bimba siriana impaurita al confine macedone e il gendarme che le spara proiettili di gomma in testa, magari con le migliori intenzioni. Dentro di me c’è l’ingegnera di Aleppo che, nel campo profughi in Grecia, si vergogna a dover elemosinare l’acqua per sé e per il figlio e c’è il primo ministro ungherese che la vuole rispedire nell’inferno siriano perché disturba l’ordine del suo paese.
Non è facile vedere e incontrare la nostra paura e la stupidità, la violenza e l’avidità, la superbia e la sete di potere. Non è affatto facile.

Partendo dalla consapevolezza di questa difficoltà possiamo incuriosirci e provare con delicatezza a farci altre domande.

Come sto trattando la bimba profuga siriana terrorizzata che abita in me? Sto guardando davvero la mia interiore ingegnera di Aleppo carica di vergogna e di rabbia? Come sto considerando il mio gendarme macedone pieno di paura pronto a respingere e anche a sparare sui profughi?
Se rifiuto queste parti spaventate, meschine, deboli e impotenti, se giudico e critico le mie parti avide, stupide e aggressive in realtà le sto ingrassando e sto facendo morire di fame la mia parte compassionevole e infinitamente capace di conoscenza, comprensione, cambiamento verso il bene-essere.
Se vogliamo liberarci dalle nostre violente dittature interiori, possiamo, partendo da noi stessi/e, ricordarci di ESSERE pace in ogni pensiero, in ogni parola, in ogni comportamento, ricordarci di coltivare curiosità gentile e aperta e attivamente compassionevole, ricordarci, almeno ogni tanto, di nutrire il nostro desiderio di conoscenza e di cura verso tutte le nostre parti, soprattutto verso quelle che ci piacciono meno.

Lorella Maria Grecu