Note di lettura di “Storia di un corpo”. Lettura del gruppo di Mindfulness di mercoledì 17 febbraio 2015

Note di lettura di "Storia di un corpo". Lettura del gruppo di Mindfulness di mercoledì 17 febbraio 2015

Note di lettura di “Storia di un corpo” di Daniel Pennac.

13 anni, 1 mese, 8 giorni; mercoledì 18 Novembre 1936
Voglio scrivere il diario del mio corpo perchè tutti parlano d’altro. Tutti i corpi sono abbandonati negli armadi a specchio. Quelli che tengono il diario, come Luc o Francois, parlano del più e del meno, delle emozioni, dei sentimenti, di storie di amicizia, di amore, di tradimento, giustificazioni a non finire, quel che pensano degli altri, quel che credono gli altri pensino di loro, i viaggi che hanno fatto, i libri che hanno letto, ma non parlano mai del loro corpo.

13 anni, 1 mese, 9 giorni; giovedì 19 Novembre 1936
Ripensando a tutte le mie paure, ho fatto un elenco di sensazioni: la paura del vuoto mi fa strizzare le palle, la paura delle botte mi paralizza, la paura di avere paura mi angoscia per tutto il giorno, l’angoscia mi provoca le coliche, l’emozione (anche piacevolissima) mi fa venire la pelle d’oca, la nostalgia mi inumidisce gli occhi, la sorpresa mi fa sobbalzare, il panico può farmi scappare la pipì, il benchè minimo dispiacere mi fa piangere, la rabbia mi soffoca, la vergogna mi rattrappisce. Il mio corpo reagisce a tutto, ma non so mai in che modo reagirà.

Mi chiedo quanti quaderni ci vorrebbero solo per descrivere tutto ciò che il nostro corpo fa senza che noi ci pensiamo. Le funzioni meccaniche sono innumerevoli. Non ci facciamo caso, ma basta che una si inceppi e non pensiamo ad altro!». Quando il corpo “si inceppa” diventa tutt’uno con la parte “inceppata”, tutto insomma ruota intorno a quel «mio corpo che reagisce a tutto», ma che «non so mai in che modo reagirà», ed è proprio per questo che innanzitutto «per tutta la vita, dobbiamo sforzarci di credere ai nostri sensi», che dobbiamo difendere, fortificare, occuparci di e interessarci a «tutto quello che senti», arrivando a tradurre in quanto ambasciatori tutto l’insieme delle sensazioni del corpo.

Arriveremo così a conoscere il nostro corpo nel suo tentativo singultente di «essere rivoltato come un sacco», «il dentro fuori», «il rovescio della pelle»: quel vomito che testimonia l’esposizione che è il corpo, quasi a dire che il corpo non ce la fa più a stare tutto dentro di sé.
Arriveremo ad accorgerci che «dieci minuti al giorno» di esercizi ginnici possono rendere il corpo «irriconoscibile», perché registra silenziosamente ogni piccolo cambiamento, come un fedele sismografo che si lascia tracciare dalla più piccola e non considerata scossa.
Arriveremo ad apprendere tutti i minuziosi accorgimenti che costituiscono «l’arte di addormentarsi», perché arriveremo a comprendere che esistere, essere al mondo, significa imparare a fare buon uso del corpo. Ma gradualmente ci accorgiamo che «possiamo impedire alle sensazioni di paralizzare il corpo», che «si possono ammansire come animali selvatici», senza però “incatenare” il corpo.

In effetti stamattina ho versato proprio tutte le lacrime che avevo in corpo. Sarebbe più giusto dire che il corpo ha versato tutte le lacrime accumulate dalla mente nel corso di quest’inverosimile carneficina. La quantità di sé che viene eliminata con le lacrime!Piangendo si fa molto più acqua che pisciando, ci si pulisce infinitamente meglio che tuffandosi nel lago più puro, si posa il fardello dello spirito sul marciapiede del binario d’arrivo. Una volta che l’anima si è liquefatta, si può celebrare il ricongiungimento con il corpo.
«Io, ogni volta che mi capita qualcosa di nuovo, scopro di avere un corpo!», per questo «il mio corpo diventa un oggetto di curiosità. Quale sorpresa, domani? Non sappiamo mai da dove il corpo ci sorprenderà»

Ci si ritroverà a riassaporare la felicità in quanto corpo in felice e piacevole movimento: galvanizzato dall’andatura perfettamente lubrificata, caviglie sciolte, ginocchia salde, polpacci tonici, anche solide, perché tornare a casa? Camminiamo ancora, godiamoci questo corpo in marcia. È la felicità del corpo a fare la bellezza del paesaggio. Con i polmoni ventilati e il cervello accogliente, il ritmo dei passi trascina quello delle parole che si radunano in piccole frasi soddisfatte.

Dobbiamo sempre restare in attento ascolto del corpo, di ciò che dice e dei suoi impercettibili ma inesorabili cambiamenti: il corpo esprime a modo suo ciò che non riusciamo a formulare.

Cerchiamo tutta la vita di «mettere a fuoco» il corpo: «questo diario è stato un perenne esercizio di messa a fuoco. Sfuggire allo sfocamento, tenere il corpo e la mente sullo stesso asse… Ho passato la vita a “inquadrare”», una stessa domanda posta in due momenti diversi della nostra vita testimonia la trasformazione del corpo, è una domanda posta a due corpi diversi, a due maniere d’essere di uno “stesso” corpo: “quante volte, figliolo?” Mi chiedeva un tempo il mio confessore. “Quante volte?” Mi chiede oggi il mio urologo. Il primo mi minacciava di una sfilza di Padrenostri e di Avemarie, il secondo di una nuova resezione del canale della prostata.
Ecco dunque che tenere un “diario” del corpo non significa voler giungere a “conoscerlo”: non ho mai considerato il mio corpo come un oggetto di curiosità scientifica. Non ho mai cercato di decriptarlo sui libri. Non l’ho mai piazzato sotto sorveglianza medica. Gli ho lasciato la libertà di sorprendermi. Questo diario mi ha semplicemente messo nelle condizioni di accogliere le sue sorprese. Cosa scopriamo di essere, allora, alla fine della nostra vita, alla fine del nostro diario? Nient’altro che «siamo fino alla fine figli del nostro corpo. Figli disorientati» e che «la nostra esistenza fisica la passiamo a esplorare una foresta vergine che è già stata esplorata mille volte prima di noi. […] Ma quante scoperte non rivelate, stupori non comunicati, sorprese taciute?».
Perché tutti abbiamo/siamo un corpo, eppure lo siamo in modo diverso, in modi diversi che nemmeno noi stessi (ancora) conosciamo, anzi sperimentiamo.

Ebbene, io ti difenderò! Ti difenderò anche da me stesso! Ti farò i muscoli, ti fortificherò i nervi, mi occuperò di te ogni giorno, mi interesserò a tutto quello che senti.